Recensione || L’assassinio del commendatore, di Haruki Murakami

L’assassinio del commendatore è l’ultima opera di Haruki Murakami, forse il più celebre scrittore giapponese contemporaneo. Divisa in due volumi, questa storia surreale in cui le sensazioni divorano il tangibile viene raccontata da un pittore fra montagne e luoghi celati agli occhi dei più.

Avevo compiuto trentasei anni. I quaranta non erano lontani. Entro quella data, come pittore dovevo aver trovato la mia strada. Ne ero convinto. Quarant’anni, nella vita di una persona, sono uno spartiacque. Superato il quale, si cambia. Avevo davanti a me ancora quattro anni. Quattro anni passano in un baleno. Aver fatto sempre e solo ritratti costituiva già, nella mia vita, una lunga deviazione. Dovevo sforzarmi di portare di nuovo il tempo dalla mia parte.

Trama

Il protagonista, un pittore in crisi, viene lasciato dalla moglie e, dopo aver viaggiato in auto nel nord del Giappone, finisce per accettare l’offerta di un amico di andare a stare nella casa disabitata che fu del padre, Amada Tomohiko, ormai anziano e affetto da demenza senile.

In gioventù l’uomo era stato uno dei pittori più importanti del Giappone e il protagonista può sentire ancora la sua presenza in tutta la casa, specialmente nell’atelier dove l’uomo lavorava.

Da quando il protagonista scopre in soffitta un quadro di Amada Tomohiko mai mostrato al pubblico iniziano a succedere strane cose. Prima una campanella che suona nel cuore della notte, poi l’incontro con un personaggio singolare e successivamente un’apparizione. Ma qual’è lo scopo di tutto questo?

Una recensione difficile

Esattamente: qual’è lo scopo di tutto questo? Recensire questo romanzo non è semplice per me. Murakami è sempre stato fra i miei autori preferiti, ho adorato praticamente tutte le sue opere, quindi ammettere che L’assassinio del commendatore mi abbia in parte deluso è difficile.

Arriverò subito al punto della questione: questo libro mi è sembrato inutilmente lungo, ridondante, quasi senza un finale e soprattutto con un editing molto limitato.

L’autore si sofferma su particolari come l’abbigliamento dei personaggi e il seno imberbe della giovane Marie in modo quasi ossessivo. Ripete gli stessi concetti più volte e a breve distanza, quasi come se avesse paura di una distrazione del lettore. In pratica gira attorno a particolari irrilevanti al fine della storia e sembra che nessuno se ne sia voluto accorgere.

Partire da un dipinto, L’assassinio del commendatore appunto, era un’idea originale, e anche il pensiero che a un certo punto la realtà e il dipinto si fondessero era valida. Molto coinvolgente anche l’ambientazione e la buca in mezzo al bosco, peccato che nel secondo volume si perda tutto in favore di situazioni al limite del ridicolo che sembrano quasi un deus ex machina indispensabile per uscire da un ginepraio surreale.

Il protagonista e i personaggi di Marie e Menshiki sono molto interessanti ma, soprattutto nel secondo volume dove le cose dovrebbero prendere una forma per avviarsi al finale, sembrano perdersi nell’onirica di Murakami, annullando trama e narrativa senza arrivare davvero da nessuna parte.

Incarnare i concetti di “idea” e “metafora” era davvero una trovata originale, ma purtroppo in troppi punti si è passati dal surreale al ridicolo e ogni sviluppo potenzialmente solido è sfumato senza lasciare niente dietro al suo passaggio.

Su Amazon ho letto tante recensioni che vanno esattamente nella direzione opposta alla mia e di questo in un certo senso sono felice: per l’autore e la casa editrice è certamente ottimo. Però mi chiedo quanti di quei lettori abbiano letto tutta la produzione di Murakami e se abbiano dei termini di paragone come A sud del confine, a ovest del sole e Norwegian Wood. E ancora 1Q84 e L’uccello che girava le viti del mondo, per rimanere nella sfera surreale.

Detesto recensire negativamente, a volte mi sono rifiutata di portare a termine un incarico pur di non stroncare un libro, e doverlo fare proprio su quello che è sempre stato il mio punto di riferimento nella letteratura giapponese è quasi doloroso. Murakami è l’autore di 1Q84 che è nel mio Olimpo personale dei migliori romanzi mai letti, quindi mi chiedo cosa mai sia successo e se ritroverò ancora la gioia di leggere un vero romanzo di Murakami.

Titolo: L’assassinio del commendatore
Autore: Haruki Murakami
Casa Editrice: Einaudi
Genere: Romanzo
Lunghezza: 430 pagine
Titolo originale: 1. Kishidanchō Koroshi: Arawareru idea hen
2. Kishidanchō Koroshi: Utsurou metafā-hen
Traduzione di: Antonietta Pastore



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